Hertha, un ultrà (diffidato) eletto dai soci al timone del club
Dalla curva (e dalla diffida) al comando del club. Siamo a Berlino Ovest lato Hertha, club in difficoltà tecnica ed economica che nel passato ha ceduto il 49% delle proprie quote ad un investitore privato. Ma, come ben sa chi studia e segue il modello tedesco, la maggioranza più dell'Hertha Berlino deve rimanere nelle mani dei soci che hanno il potere di eleggere il presidente. E dopo 14 anni di fallimentari politiche associative (il nostro report qui) di Werner Gegenbauer, ora ha eletto un tifoso, anzi un ultras.
Si tratta di Kay Bernstein - la sua storia è stata raccontata in Italia da Giorgio Drusi su TuttoSport (qui il link) - ed era già in precedenza responsabile dei soci "passivi" nonchè fondatore di un gruppo ultras ora disciolto. Bernstein, la cui diffida legata a vicende calcistiche per forza di cosa decadrà, ha sconfitto con il 1700 voti in una infuocata assemblea il suo maggiore antagonista che ha preso circa 1200 voti. Gli altri candidati si sono spartiti poco più di 1000 voti per arrivare a quasi 4000 soci partecipanti all'assemblea.
Un tifoso a capo del club: questo è possibile solo con l'associazionismo tedesco. E non è neppure la prima volta: qualche settimana fa vi avevamo parlato del Braunschweig, in Bassa Sassonia, che ha eletto una donna (qui il report) ma il fatto che ora avvenga anche nel più grande club della capitale, militante in Bundesliga, amplifica ovviamente la cosa.
In Europa e in Germania il modello associativo non è una novità: per l'Italia si tratterebbe invece di qualcosa di clamoroso. Ah, per la precisione, Bernstein di diffide in carriera, compresa quella attuale, se ne è guadagnate ben tre compreso un arresto. Nato nell'ex DDR nel 1980, ha vissuto a Dresda fino alla caduta del Muro, per poi seguire il padre dopo la riunificazione a Berlino dove è diventato ultras biancazzurro.