Il Manifesto: Sankt Pauli, squadra di lotta e di pallone
Riproponiamo come promesso l'articolo sul St Pauli uscito in edicola tre giorni fa sul quotidiano Il Manifesto (che ringraziamo) a firma Sebastiano Canetta. L'articolo può essere gratuitamente consultato anche sul sito de Il Manifesto cliccando su questo LINK.
Secondo gli ultrà con la maglia con il teschio e le ossa, che non hanno nemmeno la curva nel loro stadio, non è una squadra di calcio ma semplicemente l’«Unica Via» («Die einzige Möglichkeit») per far sopravvivere il modello sociale diametralmente opposto allo sport business-oriented. Secondo i detrattori invece rimane sempre e comunque, nonostante i meriti sul campo, il club dei radical-chic di sinistra, campione soprattutto di notorietà grazie al formidabile marketing diffuso nei cinque continenti.
In ogni caso il «Sankt Pauli è il Sankt Pauli», una realtà unica nel panorama calcistico europeo comunque irriducibile alle definizioni ormai imprescindibile per qualunque osservatore. Non solo perché domenica scorsa il team è stato promosso in Bundesliga dopo aver battuto in casa l’Osnabrück per 3 a 1, ma perché i «Piraten» sono ormai ufficialmente un caso di scuola all’attenzione delle federazioni calcio dell’intera Europa. A partire dalla Figc, come dimostra Lucia Conte, cosentina, classe 1993, la più giovane direttrice sportiva d’Italia che ha portato l’esempio di Amburgo dentro al “tempio” di Coverciano.
«Siamo una comunità inclusiva, solidale e antirazzista» è l’anatomia del Sankt Pauli tracciata da Massimo Finizio, direttore dell’«agenzia di stampa sportiva e politica» tuttostpauli.com punto di riferimento in lingua italiana per le attività legate al team: «non solo, non tanto, gli importanti risultati sportivi quanto i fondamentali gemellaggi con le battaglie politiche a fianco di chi condivide i nostri stessi valori. Come antifascisti, per esempio, stiamo portando avanti la mobilitazione a fianco di Ilaria Salis, ma siamo dalla parte di tutti gli oppressi, discriminati, vittime delle guerre, migranti».
Finizio risulta fra i fondatori delle “Brigate Garibaldi”, la tifoseria a vocazione internazionalista del Sankt Pauli, perciò è l’uomo perfetto a cui rivolgere la domanda più scomoda che gira più o meno apertamente nella galassia ultras antifascista: i Piraten stanno dalla parte della Palestina oppure, come viene richiesto a tutti in Germania, è scesa in trincea con Israele, come sembrano insinuare alcuni supporter specie del Celtic?
«Il Sankt Pauli sta con il popolo palestinese, non con Hamas. Siamo contro l’apartheid e chiediamo di fermare il massacro di Gaza. Così fin dall’inizio, come prova l’appello lanciato lo scorso novembre dal capitano della squadra, Jackson Irivine. Da allora allo stadio spicca lo striscione con le sue parole sul cessate il fuoco.
La polemica è sorta quando il 7 ottobre è stata espressa vicinanza alla squadra israeliana dell’Hepoel che nell’attacco aveva perso il capo-ultrà, 27 tifosi e il loro giocatore-simbolo. La solidarietà è stata fra antirazzisti. Del resto la bandiera palestinese è appesa nel pub principale del club nel cuore del quartiere. Abbiamo fatto stampare sulla maglia ufficiale lo slogan “Nessun football per i fascisti”.Vale per tutti i fascisti».
La cronaca della colossale festa per celebrare la promozione in Bundesliga (tale da oscurare l’annuale Festa del Porto di Amburgo) andata avanti fino al lunedì mattina restituisce pure moltissimi tifosi con la kefiah, ben presente insieme al vessilli Lgbtq+, alla bandiera nera e rossa degli Antifa e a tutti gli altri simboli del variegato universo Piraten.
Multidisciplinare ma anche multidimensionale nell’inclusività come dimostra la storia di Wolf Schmidt, tre volte campione di Germania con il team non vedenti del Sankt Pauli, domenica seduto allo stadio per incitare i colleghi calciatori insieme agli altri 29.600 presenti. Dopo 13 anni consecutivi di permanenza nel recinto della seconda serie tedesca la promozione in Bundesliga è stata celebrata come un’autentica liberazione, anche perché i tifosi del Sankt Pauli hanno dovuto rimandare di sette giorni la promozione mancata due settimane fa nel derby stracittadino con gli storici rivali dell’Sv.Hamburger.
Da qui la festa popolare immensa allargata a tutta la squadra che in realtà conta migliaia di iscritti e non prende a pedate solo un pallone da calcio. Sankt Pauli è una polisportiva (nella migliore tradizione tedesca) ultra-capillare che fa sport e azione sociale nei settori del rugby, pallamano, ciclismo, football americano, baseball, bowling, softball, pattinaggio e ping-pong. C’è perfino il team degli scacchi.
Il club di football, certo il più famoso, resta formalmente e di fatto solo una delle diverse discipline riunite dell’Unica Via.
«Il motto “Die einzige Möglichkeit” si rifà al concetto della sola via sviluppato della sinistra degli anni Settanta – precisa Finizio – ma è anche e soprattutto l’unico modello di sport sostenibile oggi possibile. Quando in Italia il capogruppo della Lega, Riccardo Molinari, presenta la sua legge sull’azionariato diffuso (già passata alla Camera) in riferimento al modello tedesco non ha la più pallida idea di come funzioni. L’esempio virtuoso del Sankt Pauli, si basa sul binomio di associazionismo e partecipazione popolare. In pratica mentre in Italia si portano avanti gli interessi del capitale, in Germania promuoviamo le persone che praticano lo sport. Qui non esistono mica le Spa o le Srl».