Intervista alle BG Sankt Pauli sul calcio moderno
Nel pieno della crisi pandemica da Covid-19 molti esponenti del mondo calcistico nostrano dicevano che la ripresa del campionato avrebbe aiutato ad arrivare a quell'agognato “ritorno alla normalità”. Purtroppo per loro, però, tutto questo non è avvenuto e i fatti sono qui a dimostrarlo.
A parte il fatto della tristezza immane degli stadi vuoti e desolati vi è un altro fattore che rende questa ripresa del campionato molto lontana dal calcio che molti di noi conoscono. Da qualche giorno, infatti, sono vari gli articoli usciti per mettere in chiaro che durante questo campionato post pandemia vi è stato un crollo anche degli spettatori medi a giornata.
I numeri sono impietosi da questo punto di vista: 2,5 milioni di spettatori in meno durante ogni turno calcistico che hanno fatto abbassare lo share generale di circa il 40%. Secondo i ben informati questo crollo è dovuto, soprattutto, all'eccessivo numero di partite ravvicinate tra loro e agli orari improponibili in cui si gioca.
Non è un caso, da questo punto di vista. che le partite che attirano meno sono quelle giocate alle 19.30. Oltre a questo fatto, sempre secondo gli articoli che si possono leggere, vi sono anche altri lati che hanno allontanato la gente dai campi della serie A: dall'assenza di pubblico che rende le partite meno spettacolari e coinvolgenti fino al ritmo blando degli incontri che li rende parecchio noiosi.
Una situazione che avrà qualche ripercussione nel calcio del futuro. La stessa Sky, ad esempio, ha chiesto uno sconto, pari al 15-18%, sul prezzo dei diritti televisivi della prossima stagione.
Su questo argomento, pochi giorni fa, abbiamo avuto il piacere di intervistare i già conosciuti esponenti delle Brigate Garibaldi dell'FC St.Pauli. Ad essi abbiamo rivolto alcune domande specifiche.
Come commentate il brusco calo degli spettatori, registrato da Sky e dalla televisione a pagamento in generale, nel campionato italiano post pandemia? Siete sorpresi?
Beh noi delle Brigate Garibaldi in tempi non sospetti lo avevamo scritto alcuni mesi fa, accennando anche che il calo sarebbe stato non solo in Italia ma dappertutto. Oggi questo si sta verificando in tutta Europa e non siamo affatto sorpresi.
In Germania qual è la situazione attuale in questo ambito?
Come detto la situazione non è rosea e la gente non frequenta né i ristoranti per andare a fare una mangiata in compagnia, né le birrerie per ritrovarsi o vedere insieme le partite. È un effetto non secondario se teniamo conto che questo frena anche la tanto sospirata ripresa sociale ed economica. Tornare quindi allo stadio non sarà semplice e forse non più come prima ( in foto scena dal derby del 2019 forse un sogno ? )
Secondo voi, oltre a quello economico, questa situazione potrebbe interessare anche altri ambiti della vita quotidiana?
Assolutamente sì, anzi come diciamo sempre lo sport è un momento non economico, ma sociale e politico importantissimo della nostra società. Se pensate che l'aspetto aggregativo dello sport in questo momento è mancante, non abbiamo inclusione e socialità nella nostra società. Teniamo poi a mente l'aspetto dello sport come “semplice” pratica motoria (sia esso rugby, calcio, tennis, volley o qualsiasi attività ricreativa di base o anche dilettantistica): in questo momento la società, sopratutto per quanto riguarda la fascia dei giovanissimi, è maggiormente esposta a malattie come il diabete, l'obesità e problemi cardiocircolatori per cui siamo abbastanza in crisi anche sotto questo punto di vista. Inoltre non sono da sottovalutare le conseguenze che il lockdown può aver avuto sui soggetti più sensibili, che magari in questo momento hanno difficoltà a uscire e a socializzare. La miglior “medicina” è come sempre lo sport.
Quali sarebbero, da un vostro punto di vista, delle alternative credibili a questa situazione?
Ci offendi adesso (risata). La risposta è logica e una sola. Prendi lo Schalke 04 o il Bayern di Monaco, il Benfica di Lisbona o - sì siamo monotoni - il Sankt Pauli. Lì si fa attività sportiva di base e solo le prime squadre, che voi conoscete bene in Italia, fanno professionismo, ma dietro c'è un mondo fatto di svariate attività sportive, di associazioni e sezioni. Noi ad esempio a Sankt Pauli abbiamo oltre 20 squadre di calcio maschili e una dozzina femminili che praticano sport di base (popolare), un'altra dozzina nella pallamano e così via in tutte le discipline, dove le attività vengono svolte in maniera associativa. Immaginatevi ora la stessa situazione a Roma, ad esempio nella AS Roma. In ogni quartiere centinaia di persone a fare sport sotto la stessa organizzazione associativa e con la maglia della squadra: piccoli gesti che sarebbero non solo un incentivo per la passione, ma anche per la salute e il benessere, per l'inclusione e l'integrazione. Immaginatevi di remare sul Tevere col gruppo della SS Lazio ed essere allo stesso tempo ufficialmente socio della stessa squadra. In quel preciso momento voi stareste praticando attività sportiva, creereste aggregazione e terreste alto il nome storico della società, battendovi per rinvigorirlo e migliorarlo. In poche parole non vivreste la squadra in modo passivo (pagando la quota annuale o trimestrale), ma fareste parte in prima persona e attivamente della vita dell'associazione, seguendo lo statuto e coinvolgendo e invitando gli altri a fare altrettanto. Questo è, in ultima analisi, lo scopo di un'associazione sportiva.
Insomma, in conclusione, possiamo affermare che il “prodotto Serie A”, rimesso in moto per meri interessi economici e non certo calcistici, non sta portando i risultati sperati. D'altronde si sa che, prima o poi, i nodi vengono sempre al pettine.