Associazione sportiva Carl Zeiss Jena
Cosa hanno in comune la Roma, il Valencia e il Benfica? Esattamente. Tutti e tre i top club internazionali sono stati sconfitti una volta dall'FC Carl Zeiss Jena nella Coppa delle Coppe.
Nel 1981, lo storico club della Turingia ottenne un sensazionale posto nella finale a Düsseldorf e con ciò il più grande successo della storia del club. Tuttavia, i tre volte campioni della Coppa della DDR (1963, 1968 e 1970) persero la finale per 2-1 contro i rappresentanti sovietici allora ed oggi georgiani della Dinamo Tbilisi.
Lutz Lindemann, presidente e direttore sportivo dell'FC Carl Zeiss dal 2014 al 2016, nella storica finale giocava per Jena. "Esperienze così speciali rimangono sempre nella memoria. Già il percorso verso la finale è stato magnifico. Il modo in cui abbiamo trasformato la partita contro l'AS Roma dopo una sconfitta per 3-0 all'andata in una 4-0 al ritorno, è stato fenomenale", ricorda l'ex centrocampista.
In quel tempo, nientemeno che l'allenatore Hans Meyer era a bordo campo. Ha allenato il FC Carl Zeiss Jena dal 1971 al 1983 e dal 1993 al 1994 e lo ha portato a tre delle quattro vittorie totali della Coppa FDGB (coppa nazionale della DDR). Per Meyer, che era spesso considerato un burlone ma allo stesso tempo anche un "harter Hund" (cane/osso duro), Jena fu il suo primo impegno d’allenatore e quindi l'inizio di una grandissima carriera.
All’età di soli 28 anni, il futuro allenatore della Bundesliga del Borussia Mönchengladbach, Hertha BSC e 1. FC Nürnberg prese il comando. Molti dei suoi ex giocatori, come Roland e Peter Ducke e Lutz Lindemann, ancora oggi gli rendono omaggio. Lindemann una volta lo descrisse in un'intervista come un “Trainer mit Zuckerbrot und Peitsche" l’allenatore che utilizzava il bastone e la carota.
Dopo la caduta del muro di Berlino, il club sperava in un successo simile in una Germania unita. Per Hans Meyer, il FC Carl Zeiss aveva i migliori presupposti di tutti i club della DDR. Ma la speranza che il club con la fabbrica Zeiss alle spalle, potesse svilupparsi in modo simile a Leverkusen con la fabbrica Bayer, non si è realizzata. Zeiss non poteva e non voleva sostenere il club. Oggi ha oltre 4.000 soci, praticando sopratutto il calcio femminile e maschile oltre ad un ancora forte settore giovanile. Sport di base è di nuovo in programma dopo che negli anni ex DDR Jena aveva uno dei centri sportivi nazionali piu forti e sviluppati. La dirigenza sta infatti prendendo spunto proprio da altre associazioni sportive che hanno una forte pratica di sport di base come il Sankt Pauli o il Bayern di Monaco.
Iniziò così un costante pendolarismo tra la 2. Bundesliga e la 4. Liga. Talenti come Bernd Schneider e Robert Enke emigrarono verso l’Ovest.
Oggi il club gioca di nuovo in serie D, nella Regionalliga Nordost. Gli spettatori sono diventati meno numerosi (in passato ce n'erano a volte più di 20.000, il record di spettatori per "l'eternità" fu stabilito nel 1962 nella semifinale della Coppa delle Coppe europee contro l'Atletico Madrid con 27.500 spettatori), ma la squadra è ancora molto popolare e ha grandi tifosi. E chiunque abbia sviluppato un grande cuore da tifoso farà di tutto per il proprio club. Non ci sono quasi mai eccessi, quasi nessun conflitto. Solo i grandi sponsor sono rari, i migliori giocatori hanno lasciato la squadra subito dopo il 1990 e lo stanno facendo ancora - nonostante l'eccellente lavoro giovanile, l'enorme impegno e un non trascurabile investimento di denaro e lavoro nei giovani talenti.
Non sarà un compito facile portare il club, fondato nel 1903, di nuovo al calcio professionale. Fino ad allora, i fan possono almeno prendere coraggio dal libro "111 ragioni per amare il FC Carl Zeiss Jena" di Matthias Koch, un giornalista berlinese con un cuore da tifoso blu-giallo e bianco. Racconta i grandi momenti del club, le gloriose battaglie in Coppa delle Coppe e i tanti titoli, ma anche le ore amare che il club ha vissuto. I veri esperti sanno che c'è un gigante addormentato ai piedi del Kernberge (montagna vicino a Jena). Poco importa che il club stia masticando il pane duro della serie D.
Forse la risposta è nascosta da qualche parte nella storia dell'associazione, che è stata fondata quasi 120 anni fa da un’idea di alcuni operai dell’omonima azienda di ottica e strumenti di precisione a Jena, città famosa per essere stato teatro di un’importantissima battaglia tra l’esercito napoleonico e quello prussiano. I primi anni furono piuttosto avari di soddisfazioni. La squadra rimase, per alcuni lustri, nel più completo anonimato, gravitando nelle serie minori. Vinse diversi titoli regionali, ma non riuscì a compiere un reale salto di qualità.
Con 1. SV Jena, SG Ernst-Abbe Jena, SG Stadion Jena, BSG Carl Zeiss Jena, BSG Mechanik Jena, BSG Motor Jena e SC Motor Jena, il club ha provato (quasi) tutte le combinazioni di nomi dalla sua fondazione. All'inizio, però, si chiamava Fußball-Klub Carl Zeiss Jena, come oggi, ed era aperto solo ai dipendenti dell’azienda Carl Zeiss.
Nel dopoguerra la città di Jena era triste, ma in questo periodo proprio la squadra di calcio regalava alla popolazione qualche raro momento di svago. Il Carl Zeiss fu uno dei fondatori della Oberliga ( la serie A ) della DDR e ottenne nel 1956 la prima promozione in questa Liga.
Nel 1958 Georg Buschner diventò allenatore. La sua formazione come professore universitario era la chiave del successo. Si era reso conto che c'è bisogno di esperti ben preparati per portare avanti un club. Prendeva le redini più strette nelle mani e portava così più disciplina nella squadra. Il suo addestramento era duro, la sua parola era legge. Ad esempio, c'era una preparazione invernale: 14 giorni di sci di fondo e 14 giorni di corsa di resistenza sul Mar Baltico in estate. Si dice che questo abbia dato alla squadra la migliore condizione del campionato. Nella prima stagione, la squadra di Buschner divenne subito seconda e poi campione nel 1963 vincendo quindi lo scudetto.
Fu una delle squadre principali del campionato negli anni ’70, vinse 2 titoli nazionali nel 1968 e nel 1970 e terminò 6 volte il campionato secondo dietro a Vorwärts Berlin, Dynamo Dresden, e 1. FC Magdeburg.
Dopo la riunificazione tedesca nel 1990, il FCC fu inserito nella 2. Bundesliga. Il secondo posto del 1992, si trasformò in un terribile 17 posto nel 1994 con la conseguente retrocessione in Regionalliga Nordost. Vinse al primo tentativo il campionato e fu così promosso in 2. Bundesliga, dove rimase per due anni.
Il "7 novembre 1997. 1.000 tifosi della Jena sperano in una sorpresa nella partita contro il FC St. Pauli al Millerntor di Amburgo. La battaglia di retrocessione dell'FC Carl Zeiss nella 2. Bundesliga è iniziata da tempo. Ciononostante, dopo 75 minuti Heiko Weber porta la squadra che si trova sul 17° posto in testa. 'Vittoria in trasferta, vittoria in trasferta', si ruggisce. Il Sankt Pauli ci dà 15 minuti di gioiosa attesa.
Poi André Trulsen segna l'1:1 al 90° minuto. Merda, non può succedere, pensano in molti. Nel tempo di recupero, la situazione peggiora notevolmente. Juri Sawitschew fa il 2:1 per la squadra di Amburgo. Mentre il portiere del Pauli Klaus Thomforde esegue balli gioiosi davanti ai nostri occhi, i tifosi della Zeiss sono scioccati. Pochi minuti dopo sono seduto nel blocco visitatori deserto con Uwe Kaiser del fan club 'Family'. I tifosi dell'Amburgo continuano a festeggiare.
È stata una di quelle sconfitte da cui una squadra non si riprende. Alla fine della stagione, Jena è retrocessa. Eppure, sono proprio queste le sconfitte che possono renderti forte. " così scrive Matthias Koch nel sopranominato libro 111 motivi per amare il FC Carl Zeiss Jena. Una dichiarazione d'amore per il più grande club di calcio del mondo.
Nonostante la situazione sportiva, finanziaria e anche infrastrutturale non ideale di Jena, loro sanno che apparterranno di nuovo al calcio professionistico in futuro. Il segreto sta nei grandi successi del passato, nell'enorme tradizione che ha sempre contraddistingue il club e nel fatto che è stato in grado di attirare tifosi non solo da casa ma da tutta Europa. Ai tempi della DDR, il FC Carl Zeiss Jena era uno dei fiori all'occhiello del calcio, ed è proprio per questo che riceve ancora lettere di tifosi dall'estero.