Sankt Pauli bancarotta? Fake news. Comprato lo stadio? Fake news

Quando iniziai a studiare lingue al liceo — tedesco e francese — la prima lezione fu chiara: una buona traduzione non è mai letterale. Non si traduce parola per parola, ma si cerca il cuore del concetto, lo si comprende e solo allora si restituisce il significato nella lingua d’arrivo.
Ricordo bene la mia professoressa di tedesco, madrelingua, che insisteva su questo punto: comprendere il senso profondo, non solo della frase, ma del contesto culturale, politico, sportivo ed economico in cui quella frase si inseriva. Studiavo all’ITC, indirizzo corrispondenti esteri, e imparare a comunicare correttamente era fondamentale.
Nel corso degli anni ho viaggiato in lungo e in largo per l’Europa, Est e Ovest, in particolare nella BRD (Repubblica Federale Tedesca). Ho studiato anche spagnolo, russo, albanese e inglese. Tutte lingue che, se affrontate con superficialità, possono generare enormi fraintendimenti.
Traduzioni sbagliate, concetti stravolti
Oggi, purtroppo, assistiamo troppo spesso a traduzioni fatte “senza arte né parte”, come si dice. Senza logica, senza attenzione, e con una leggerezza che finisce per distorcere completamente il senso dei testi originali. Il risultato? Fake news, disinformazione e una perdita di credibilità dell’informazione.
Uno degli errori più ricorrenti riguarda il mondo dello sport, e in particolare la traduzione del termine tedesco Sportverein (associazione sportiva). In molti media italiani, viene erroneamente tradotto come “azionariato popolare”, un’espressione che nel contesto italiano ed economico ha tutt’altro significato.
L’associazione sportiva (AS) è ben conosciuta anche in Italia: è una realtà giuridica basata sull’unione volontaria di persone, e molto diversa dalle società per azioni (SpA) o dai modelli finanziari basati sul capitale.
L’azionariato popolare, invece, è tutt’altra cosa. È un modello noto nei mercati finanziari come Wall Street o Piazza Affari, e coinvolge la compravendita di azioni, come avviene per club italiani come Milan, Juventus, Lazio, ecc. In Germania, invece, molte squadre — inclusa la celebre Bayern Monaco — operano ancora come eingetragener Verein (e.V.), cioè associazioni registrate. Il Bayern, per esempio, chiude in attivo da oltre 35 anni.
Il falso mito degli stadi “privati” in Germania
Un altro mito da sfatare riguarda gli stadi tedeschi, spesso presentati come privati. Ma la realtà è ben diversa. Lo stadio dell’Union Berlino, ad esempio, è di proprietà del Comune, precisamente della municipalità di Köpenick. Quando i tifosi si sono organizzati per contribuire alla ristrutturazione dello stadio, non lo hanno “comprato”, come molti hanno scritto erroneamente, ma hanno fondato una società per gestirlo professionalmente.
Anche Wikipedia Italia riporta in modo impreciso la proprietà dello stadio, mentre nella versione tedesca viene correttamente indicato che l’Union è solo l’affittuario principale. La struttura è usata anche da altre realtà, come la comunità cattolica di Berlino per tornei sportivi.
Il caso Sankt Pauli e le bufale italiane
Il Sankt Pauli è un caso emblematico di come le notizie possano essere distorte. Alcuni giornalisti italiani hanno scritto che il club sarebbe “in bancarotta” e che avrebbe “venduto azioni”. Nulla di più falso.
Il Sankt Pauli non è mai stato una SpA, e la parola “azionariato” non esiste nel suo vocabolario. Anzi, il club ha fondato una cooperativa, modello giuridico conosciuto anche in Italia sin dal 1854 con la nascita della Società degli Operai di Torino. Un modello che mette al centro le persone.
La cooperativa del Sankt Pauli è attiva, solida e chiude in attivo anche nel 2024, come riportato nel nostro ultimo report dall’assemblea sociale:
Cooperativa e bilancio in attivo: sorride l’assemblea del Sankt Pauli
Chi scrive che il Sankt Pauli è fallito, probabilmente lo confonde con una delle 185 squadre italiane fallite negli ultimi 10 anni. Oppure ha tradotto male qualche fonte online senza aver mai messo piede in Germania, né tantomeno a St. Pauli.
Il dovere del giornalismo: ricercare, verificare, raccontare
Fare il giornalista non significa dare opinioni su ciò che non si conosce, ma informare con rigore, verificare i fatti, contestualizzare. Le opinioni vengono dopo. Oggi invece siamo travolti da fake news che “viaggiano più veloci dei razzi su Marte”.
Come dice Papa Francesco:
“Stranamente, non abbiamo mai avuto più informazioni di adesso, ma continuiamo a non sapere che cosa succede.”
O Martin Luther King:
“Nulla al mondo è più pericoloso che un’ignoranza sincera ed una stupidità coscienziosa.”
O ancora Umberto Eco, durante il conferimento della Laurea Honoris Causa a Torino:
“I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel.”
Noi non siamo Nobel, né santi, né profeti. Ma cerchiamo di essere corretti. E quando sbagliamo, sappiamo chiedere scusa e correggere.
Il modello del Sankt Pauli, con la sua cooperativa che gestisce lo stadio, punta alla sostenibilità, all’accessibilità, all’energia rinnovabile. Un modello che sembra utopico, soprattutto se paragonato a una realtà italiana fatta di stadi vuoti, proprietà offshore e club che falliscono e “resuscitano” dopo tre giorni.
E allora diciamolo chiaramente: basta con le fake news. Torniamo a dare valore all’informazione vera, alla ricerca seria, al lavoro sul campo.
Amen.